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Nella ricorrenza del trentennale della caduta del muro di Berlino prepariamoci ad essere inondati dalla solita melassa progressista sulla società aperta, accogliente e multiculturale.
Basta digitare le parole “muro di Berlino” su Google e subito appariranno sbrodolate di pagine e pagine sui muri che “dividono il mondo”, sui muri “della vergogna”, sui 100 muri “dell’indifferenza”, sul mondo che “si sta chiudendo” ed altre analoghe e varie stucchevoli amenità.
Inutile precisare che questo tipo di retorica è esclusivo appannaggio di una certa area ideologica bergogliana e post-comunista che intenderebbe equiparare quella che fu una vergogna costruita dai sovietici e sostenuta dai loro sinistri amici in tutta Europa e in particolare in Italia, con qualcosa di ben diverso e che assolve a ben altra funzione.
Poiché il muro che divideva le due Berlino aveva su di sé il marchio dell’infamia, si vuol far passare il messaggio che tutto ciò che rappresenti una barriera alla libera circolazione, alla “contaminazione culturale”, al meticciato sia allo stesso modo un orrendo simulacro da abbattere.
Insomma, tutti i muri sarebbero ugualmente abominevoli e quindi abbattiamoli, mescoliamoci, costruiamo ponti e diventiamo tutti fratelli (o compagni, a seconda del pulpito dal quale viene la predica).
Balle.
È evidente anche ad un bambino che un muro di per sé non ha una accezione negativa, anzi. Dipende.
Il muro di Berlino aveva la funzione di non far fuggire nessuno dalla zona Est della città alla zona Ovest della stessa. Una schifezza.
E gli altri muri?
Qualcuno pensa forse che i muri di casa nostra servano a tenere segregati noi e le nostre famiglie onde impedirci di uscire per andare al lavoro? Non sarà invece che forse servono ad evitare che qualche ospite indesiderato introducendosi nella nostra abitazione nottetempo possa nuocere a noi e ai nostri cari?
Analogamente: il muro del “cattivone” Trump (e tanti altri muri della stessa natura) serve ad evitare che qualche statunitense possa fuggire in Messico o piuttosto serve ad evitare che bande di trafficanti di droga e delinquenti di ogni genere possano mettere a rischio la sicurezza degli Stati Uniti? E perché mai andrebbe abbattuto? Per agevolare anche in territorio americano tante belle stragi sul modello di quella perpetrata il 5 novembre scorso dai narcos messicani che hanno trucidato una inerme famiglia di 9 mormoni?
Mentre a Berlino i comunisti liberticidi avevano eretto un muro a mò di prigione, tutti gli altri muri contemporanei sono muri di protezione. Come i muri di casa nostra ci difendono da individui sconosciuti dalle intenzioni sconosciute.
Che i sinistri e il finto prete facciano di tutta un’erba un fascio e non capiscano l’elementare distinzione tra il muro di Berlino e quello – ad esempio – di Trump, è evidentemente frutto di malafede (dato che la distinzione essi la comprendono sin troppo bene) ed insistere sul tema dell’abbattimento delle barriere gioca a favore della causa immigrazionista, globalista, pro meticciato, multiculturale, multietnica ovvero di una tematica che sembra diventata improvvisamente ed inspiegabilmente l’argomento principe da trattare tra le mura (!) del Vaticano e quelle dei circoletti progressisti sempre più desolati.
Persino il Pontefice, quello vero, si era espresso sul tema ma con toni ben diversi: Sua Santità Benedetto XVI aveva affermato infatti che le barriere svolgono un preciso ruolo: quello di declamare una serie di “no” che per il cattolicesimo sono propri della funzione paterna. “Il muro ha la funzione di proteggere, raccoglierci e condurci l’uno verso l’altro; senza di essi si rende impossibile la Comunità” esordì in una delle sue omelie. Ma nella sua accezione i muri non sono impenetrabili perché sono dotati di porte che devono aprirsi nel momento in cui a bussare è “tutto ciò che è buono”. Ogni muro insomma è un “no” che all’occorrenza è in grado di declinarsi in un “sì”.
La distanza tra le parole del Papa e le sciocchezze del gesuita di campagna argentino è siderale specie quando costui afferma che chi costruisce muri non è cristiano.
Difficile per noi non essere con il teologo Papa Ratzinger.
La storia dell’uomo è una storia di muri. Siamo ciò che siamo perché abbiamo eretto barriere e abbiamo saputo aprire porte ma solo quando era necessario aprirle. La nostra stessa pelle è una barriera. Le nostre cellule sono circondate dai loro piccoli muri. Qualcuno forse non è d’accordo? Non ce ne frega niente.
Alle anime belle, agli intellettuali progressisti, ai finti preti, ai giornalisti radical chic che teorizzano di una società felice e senza frontiere e che vorrebbero abbattere tutte le barriere del mondo suggeriamo di dimostrarci la loro coerenza, perché si sa, predicare bene e razzolare bene è assai difficile mentre molto più facile è razzolare male dopo avere a lungo predicato.
Non adesso direi, dato che andiamo incontro all’inverno, ma diciamo verso la primavera quando le temperature salgono, perché non ci dimostrate di che pasta siete fatti e per qualche mese non andate a dormire nelle vostre case dopo aver spalancato i vostri cancelli, inferriate, recinzioni, portoni, porte e finestre? Non avrete neanche più la scusa delle basse temperature, no?
Se lo farete avrete tutta la nostra stima e ammirazione perché avrete dimostrato coerenza.
Se non lo farete (e non lo farete) sarà la conferma di ciò che fermamente pensiamo che siate: dei poveri scimpanzé ammaestrati.
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Comunque anche chi dice che il muro di trump sia uguale al muro di berlino ha una sua paradossale coerenza; i compagni giustificavano il muro di berlino dicendo che serviva per proteggere berlino est dall’assalto di masse di proletari dell’ovest che ambivano a mollare il corrotto occidente capitalista e plutocratico ed andare a vivere nel paradiso dei lavoratori.
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Esattamente come un sacco di americani che cercavano di raggiungere a nuoto Cuba a tutti i costi 😉😉😉
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